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Catasto: ancora una volta la riforma è andata a vuoto

Alla fine, anche questo tentativo di riforma del catasto, come i precedenti, non porterà ad un risultato concreto. Sono due le modifiche al testo originario che ne hanno svuotato il significato, modifiche figlie del dibattito politico appena l’iter di approvazione è approdato in Parlamento:


  • sparisce dalla riforma l’introduzione di nuovi criteri di attribuzione dei valori patrimoniali della rendita catastale, lasciando così in vigore le regole attuali per l’aggiornamento delle rendite;
  • tutte le informazioni e le novità eventualmente rilevate non saranno utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi, la cui applicazione si dovrà basare esclusivamente sui dati catastali.



I due punti di forza della delega che avrebbero potuto rendere il nuovo catasto più equo e più vicino alla reale situazione immobiliare sono stati quindi eliminati. Quasi tutto, quindi, è rimasto come prima.

Eppure, negli ultimi decenni l’assetto urbanistico di piccoli e grandi centri ha subito modifiche rilevanti. Pensiamo alle grandi città dove sono state realizzate opere di urbanizzazione come la metropolitana che hanno interessato vaste aree, altre aree, invece, che a causa della crisi economica, sono state abbandonate da imprese ed esercizi commerciali. Oppure pensiamo a situazioni di piccoli comuni che nel corso dello stesso periodo hanno vissuto, e stanno ancora vivendo, il fenomeno dello svuotamento abitativo.

In questi contesti, alcuni immobili hanno perso valore e altri lo hanno aumentato. Nelle aree metropolitane, ci sono casi di abitazioni, anche di piccole dimensioni, con una rendita catastale solo di poco più bassa rispetto ad abitazioni più grandi e più prestigiose situate in pieno centro. Le case, soprattutto quelle nei centri storici e abitate mediamente da persone più abbienti, sono state accatastate molto tempo fa, mentre le case costruite in periferia, accatastate più di recente, hanno rendite quasi uguali a quelle in centro.

Soprattutto su questa incongruenza la delega sarebbe dovuta intervenire. Invece, i valori continueranno a essere calcolati sui dati catastali attualmente in vigore.

“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, è una frase detta da Tancredi, un personaggio del libro “Il Gattopardo” (anno 1958) di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Basterebbero queste poche parole a sintetizzare quanto avvenuto. Del resto, come era prevedibile, questo era l’ennesimo tentativo di mettere mano a una più equa riclassificazione del patrimonio immobiliare italiano. Anche questa volta è andato a vuoto.

Da anni si cerca espone il problema e si paventano soluzioni, ma al dunque, nel momento di normare le modifiche, manca sempre la spinta politica decisiva per mettere la firma sotto un provvedimento “rivoluzionario”, perché ciò potrebbe comportare forti rischi elettorali. Anche in questa occasione, con una coalizione che praticamente abbraccia quasi l’80% dei parlamentari, si è riproposto lo stesso finale. E il motivo è sempre lo stesso. Gli italiani proprietari di almeno un immobile sono quasi 26 milioni, la metà dell’intera popolazione. Se ai soggetti proprietari sommiamo parenti e “collaterali” ci troviamo di fronte ad una platea elettorale talmente importante che nessun partito ha dimostrato veramente di volere la riforma a tutti costi. È stato sufficiente da parte di qualcuno “allarmare” la gente con lo spauracchio dell’aumento delle tasse che sarebbe scaturito dal provvedimento, che il progetto di riforma è in gran parte franato. È stato l’atteggiamento alla fine comune sia di chi, dichiaratamente contrario alla riforma, aizzava le folle, sia di chi, sostenendo la riforma definendola “equa e necessaria”, si è limitato a dire che le modifiche alla delega erano superflue e che anche con la precedente versione non ci sarebbe stato nessun aumento di tasse per gli italiani.

Quindi l’elefante non ha partorito neanche il famoso topolino? Non è così e sarebbe ingiusto affermarlo. Un principio forte la delega lo contiene e riguarda la trasparenza: “Verranno infatti messi a disposizione dell’Agenzia delle Entrate gli strumenti necessari a rilevare” gli immobili non censiti o con destinazione d’uso diversa, i terreni edificabili accatastati come agricoli e gli immobili abusivi.

Si, si tratta sempre e comunque di abusi comportamenti illegali che questa norma aiuterà a far emergere. Si tratta di un numero considerevole di immobili fantasma: secondo gli ultimi rilevamenti dell’Agenzia delle Entrate, parliamo di quasi 1,5 milioni di unità. La nuova rilevazione degli immobili sarà fatta utilizzando rilievi aerofotografici e anche strumenti come Google Maps, mentre per i terreni sarà necessaria la collaborazione dei comuni attraverso la verifica dei piani urbanistici comunali.

Una questione di civiltà e di equità che in Europa è stato affrontato con metodi differenti. In Spagna, che ha un “archivio” simile a quello italiano, le imposte vengono calcolate sul valore catastale a cui si aggiunge un valore variabile stabilito dalle amministrazioni comunali. In Germania esiste una tassa sugli immobili attualmente in fase di riforma: nei prossimi anni per calcolare le tasse sulle abitazioni si terrà conto non solo dei metri quadri, ma anche di altri valori come il tipo di proprietà, la superficie totale dell’edificio, l’anno di costruzione e il valore di un eventuale affitto. In Gran Bretagna non esiste un “catasto” e le imposte si pagano sul valore di mercato al momento del calcolo. La Francia ha un “valore fondiario”, aggiornato ogni due anni, con il quale viene fissato l’imponibile delle imposte sugli immobili al 50% del valore in fase di locazione.

La ridefinizione del patrimonio immobiliare è un problema che non può essere accantonato. Far pagare le giuste tasse, anche quelle sulla casa, rappresenta un dovere di uno Stato democratico, e questo tema sarà sicuramente nelle agende dei futuri governi. Per fare ciò sarà comunque necessario ridisegnare e riassegnare il giusto valore agli edifici di ogni ordine e grado. Anche senza alzare il livello di tassazione. Magari redistribuendo meglio quello attuale.



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