SISTINA 57
IL PROGETTO
Società

Pagamenti: Il contante resiste (almeno fino a 60 euro)

Ancora poche settimane di vita per le multe per i commercianti che rifiutano i pagamenti con le carte di credito. Introdotta nel giugno di quest’anno, la norma è entrata nell’elenco di quelle che il nuovo Governo vuole modificare.
La misura, infatti, è contenuta nell’articolo 68, che alza anche il limite alla circolazione di contante, fino a 5mila euro, che sarebbe sceso a 1.000 euro dal 1° gennaio prossimo. Le sanzioni – sempre che la manovra venga approvata con questo passaggio nel testo – sarebbero eliminate temporaneamente solamente per gli importi inferiori ai 60 euro. In futuro sembra che la norma sulle sanzioni possa rientrare nella versione attuale, ma non per tutti gli esercenti e questo “per garantire la proporzionalità della sanzione e assicurare l’economicità delle transazioni in rapporto ai costi delle stesse”.
Una reale esigenza in una situazione economica difficile o un aiuto agli evasori?


Certo la tecnologia, che ci consente tantissime operazioni solo qualche decennio fa impossibili, ha ancora un costo specialmente quando parliamo di transazioni economiche.
Per quanto possa sembrare sorprendente, il danaro, che ormai da tempo non coincide più con un pezzo d’oro ma è niente altro che una informazione, è quello che meno ha approfittato della rivoluzione digitale.
Ancora oggi, nel 2022, per scambiare denaro usiamo soprattutto le carte di credito. Ovvero uno strumento finanziario concepito nel diciottesimo secolo, che ha assunto la sua forma attuale negli anni ’40, e che è afflitto da disastrosi errori concettuali. Il più evidente è che per attingere al patrimonio del titolare basta conoscere il numero della sua carta di credito. Da notare che si tratta di un numero pubblico, stampato in bella evidenza e soprattutto che va consegnato a destra e a manca quando la carta viene usata. Qualsiasi negoziante vede passare nella sua contabilità migliaia di carte di credito. E non tutti i negozianti archiviano queste informazioni in modo corretto e sicuro. Anzi, i più non vi prestano alcuna attenzione.


Come ovvia conseguenza da decenni assistiamo a truffe e furti in quantità, con costi che ovviamente i circuiti che gestiscono le carte di credito scaricano sulla collettività, imponendo commissioni elevatissime. E non si creda che la relativamente recente introduzione di codici di sicurezza abbia migliorato di molto la situazione.


Infatti anche se la sicurezza del sistema è migliorata, i costi di gestione per chi incassa restano un vero salasso. Considerati i sempre più risicati margini di guadagno imposti dal mercato, la “commissione” richiesta per trasferire danaro tramite carta di credito arriva a pesare per migliaia di euro sui conti anche delle aziende più piccole. Anzi, a causa del loro minore potere contrattuale, di solito più è piccola l’azienda, più è percentualmente alta la commissione imposta.
Considerato questo scenario si può capire perché hanno destato preoccupazione nei commercianti le spinte dei recenti Governi italiani, nonché dell’Unione Europea, all’uso del danaro elettronico.


Il danaro elettronico ha alcuni vantaggi oggettivi: è un valido alleato nella lotta all’evasione fiscale (e qui è utile ricordare che l’evasione è la più sleale forma di concorrenza); è più sicuro, perché evita di avere molto contante nella propria attività ed è più comodo. Addirittura ormai si possono fare pagamenti tramite il proprio orologio smart.
Ma rimane il problema dei costi altissimi, in Italia più alti che nel resto d’Europa, anche per l’inerzia del Parlamento e delle Authority che sorvegliano il mercato.


A mitigare, purtroppo solo in parte, il problema dei costi, la possibilità di ottenere un rimborso delle commissioni pagate per gli incassi fino a 10 euro. Per ottenerlo, occorre stipulare un accordo con il proprio circuito di pagamenti. Purtroppo non è automatico, inoltre il rimborso avviene solo ogni 6 mesi.
I commercianti hanno però altri strumenti di auto difesa. A cominciare dagli strumenti di pagamento elettronico alternativi alle carte di credito e debito, come quelli che si basano sui micro-bonifici. Questi non richiedono commissioni per pagamenti fino a 10 euro e sopra tale cifra richiedono un importo fisso di 20 centesimi.
Sicuramente occorre un cambio di mentalità. Non ci si può più permettere di relegare l’informatica a questione tecnica. Incide sulle nostre vite in modo importante e lo farà sempre di più in futuro. Quindi occorre non solo informarsi, ma anche combattere.
Cosa si può fare?


Combattere perché venga liberalizzato il mercato dei pagamenti elettronici, così da consentire l’arrivo di operatori più efficienti e che richiedano tariffe più eque.
Combattere perché cadano le barriere contro le valute virtuali (BitCoin, LiteCoin, ecc.). Alcune di queste operano con zero commissioni e sono dotate di accorgimenti tecnici che tutelano la privacy. Le valute virtuali non sono esenti da difetti (anzi…), ma meritano attenzione e con i giusti correttivi possono costituire la soluzione al problema delle commissioni. Il che poi è una delle ragioni per le quali vengono avversate.


In attesa che gli esercenti prendano atto del loro ruolo e potere e il Governo invece di lottare contro l’evoluzione della tecnologia e i cittadini digitali, capisca che la lotta deve essere contro gli istituti che gestiscono i flussi di denaro e le transazioni, l’unica soluzione fattibile sembra quella di tornare indietro alla moneta e quindi a Creso, re di Lidia, nel VI secolo a.C.



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