SISTINA 57
IL PROGETTO
Economia

Un numero, una riflessione

Nel 2023 sono 16 le “accise “ che gravano sul prezzo di benzina e gasolio. Com’è noto il governo dal primo gennaio di quest’anno non ha rinnovato il taglio delle accise sui prodotti petroliferi deciso dal precedente governo per contenere il prezzo della benzina alla pompa che, a causa dell’inflazione e della guerra in Ucraina, ha raggiunto livelli molto alti superando, in rapporto al costo della vita, quelli del 2012. Infatti il prezzo del petrolio è quadruplicato tra aprile 2020 e fine 2022 e il costo per gli automobilisti ha superato i 2 euro al litro per il gasolio e li ha quasi raggiunti per la benzina.


Un costo che molti hanno detto, oltre ad alimentare l’inflazione, deprimerà la già debole economia a causa dell’aumento del trasporto sia privato che commerciale. La scelta del governo per le risorse disponibili è stata quella di dirottarle su aumento di pensioni minime, misure contro il caro energia e principalmente per l’introduzione della flat tax e l’aumento del limite del regime forfettario iva. Ed è proprio quest’ultime misure che si sono accentrate le critiche dell’opposizione accusando il governo di favorire le “partite iva” più ricche a scapito di pendolari e residenti in zone periferiche, che sono costretti quotidianamente ad utilizzare l’auto per recarsi al lavoro.


Ma cosa sono le accise? Le accise sono imposte sulla fabbricazione e sulla vendita di prodotti di consumo, come la benzina, il gasolio e il gas da autotrazione. Le accise sono presenti in tutto il mondo, anche se con modalità e percentuali che variano da paese a paese. In Italia portano un gettito considerevole considerando che l’accisa (più l’IVA) incide per il 58,2 % sul prezzo della benzina e sul 51,1 % su quello del gasolio. Infatti nel 2021 hanno portato nelle casse dello Stato quasi 24 miliardi di euro che rappresentano circa il 5% del gettito complessivo. Le accise, a differenza di quanto si possa pensare, non sono una imposta unica, ma sono composte da varie voci che si sono sommate nel corso degli anni, ognuna con una destinazione delle entrate ben precisa.


La prima è stata introdotta quasi 90 anni fa:


Finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936
Finanziamento della crisi di Suez del 1956
Ricostruzione dopo il disastro del Vajont del 1963
Ricostruzione in seguito all’alluvione di Firenze del 1966
Ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968
Ricostruzione dopo il terremoto del Friuli del 1976
Ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980
Missione in Bosnia del 1996
Rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004
Acquisto di autobus ecologici nel 2005
Ricostruzione in seguito al terremoto dell’Aquila del 2009
Finanziamento alla cultura nel 2011
Assistenza agli immigrati dopo la”crisi libica” del 2011
Per far fronte all’arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011
Per far fronte all’alluvione che ha colpito Liguria e Toscana nel 2011
Per il decreto “Salva Italia” del 2011
Ricostruzione dopo il terremoto in Emilia del 2012.

Come si potrà immaginare le entrate che derivano dalla maggior parte delle voci non sono più destinate all’oggetto per il quale erano state introdotte, ma poiché rappresentano una entrata notevole (e certa) per le casse dello Stato non sono mai state eliminate e difficilmente lo saranno nei prossimi anni, nonostante nei programmi elettorali la loro cancellazione sia uno dei principali cavalli di battaglia.



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